Dotato di un laboratorio di fermentazione, un reparto panificazione e una griglia all’avanguardia per cotture alla brace.
In zona Garbatella, ha aperto da poco Uma, un progetto piuttosto insolito per la zona, e a dire il vero un po’ anche per la città.
Il ristorante gastronomico di Matteo Taccini e Luigi Senese, chef giovani ma con esperienze già di livello è dotato anche di un laboratorio di fermentazione, un reparto panificazione, una griglia all’avanguardia per cotture alla brace e una sala da 30 coperti arredata con l’aiuto di artisti e artigiani.
Di tendenze internazionali aggiornate, nelle esperienze dei due ce ne sono tante: dalle potenzialità organolettiche della fermentazione ai divertissement tecnici del post-molecolare spagnolo. Poi qualche spunto nipponico e la propensione per la brace più che per le cotture lente. Il tutto innestato sulla buona conoscenza delle materie prime e dei classici laziali.
Romano-internazionale, definiscono così il proprio stile. Come un po’ nostrana e un po’ cosmopolita è l’atmosfera della sala da 30 coperti, con vista non solo sulla cucina ‘di servizio’ — ce n’è una per le linee di base, più ampia, al piano inferiore — ma anche sul bancone per l’allestimento dei piatti freddi.
Altrettanto spazio, sotto al pavimento, dove si trova un laboratorio di fermentazione dal quale arrivano kombucha, garum e miso di vari tipo. Con queste lavorazioni gestiscono alcune prime trasformazioni; una modalità oggi molto trendy, che in realtà è uno dei metodi più antichi per conservare e cucinare il cibo. Con la stessa ispirazione ‘ancestrale’ si trattano le proteine — spesso anche gli ortaggi—, puntando sull’immediatezza della brace.
Gli ingredienti che usano in ogni piatto sono sempre pochissimi, a volte solo uno. Non negando l’efficienza anche in termini di food cost — nessun ingrediente ‘prezioso’; si va su galletto, sul manzo e tanto vegetale — ma ragionando piuttosto sulla sottrazione. “Facciamo una cucina visivamente semplice, ma il livello tecnico è alto. Un modo per coniugare il fare artigiano con la modernità”. Delle potenzialità di estrazione di gusto e profondità di un unico ingrediente, esplorato ‘in verticale’ è maestro ad esempio l’abruzzese Niko Romito, che forse gli chef di Uma hanno assaggiato e studiato.
Da Uma la carta è sintetica e ben confezionata, e non solo come sequenza di pietanze, con tre portate per ogni sezione. I menu sono infatti opera della restauratrice di libri Susana Cabezòn. Così come sono artigianali le ceramiche di Marie — un laboratorio al Pigneto — e i tavoli in legno massello di Andrea Gandini.
Si ragiona in team anche sui fornitori, citati con nomi e cognomi: Fattoria Pulicaro per le carni, Lux Ittica per il pescato, L’Alchimista per i formaggi, l’Orto di ClaPi per gli ortaggi, nonché — per le fermentazioni non homemade — i prodotti di Carlo Nesler da Viterbo.
CONTATTI:
Via Girolamo Benzoni, 34
3333855945
Di Carlotta Bernardini
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