I viticoltori della zona si sono tramandati le vigne tra filari e piante che crescono direttamente sulle rocce.
In provincia di Latina si trova Campo Soriano, una zona di interesse nazionale dal punto di vista del paesaggio e della composizione geologica. Tra i comuni di Terracina e di Sonnino, si snoda uno spazio dominato da forme che appartengono ai tipici ambienti carsici. Tra piccoli nuclei abitativi, rocce che affiorano dalla terra, laghetti architettati dall’uomo, panchine per fare pic-nic e percorsi di trekking, si è insediata da decenni la coltivazione della vite.
Il territorio si estende per poco meno di 1000 metri quadrati come conca carsica dei Monti Ausoni, all’incrocio tra due cime: Monte Romano e Monte Cavallo Bianco. Dalla terra emergono rocce di antica formazione. Tra di esse la più imponente, alta 18 metri, è quella che viene definita “La Cattedrale”, ma è nota anche come “Rava di San Domenico”. Tecnicamente si tratta di un hum, un masso calcareo scolpito e delineato nel tempo dall’acqua.

Nonostante le condizioni difficili per l’accesso e il paesaggio a tratti lunare e disconnesso, sono decenni che si fa il vino in quest’area, sfruttando un terreno argilloso e ricco di ferro. Non c’è dunque da stupirsi se le coltivazioni qui presenti sono rientrate nel registro dei vigneti storici ed eroici, riconoscimento attribuito per decreto ministeriale a vigne allevate in condizioni complesse e uniche.
Dopo un’operazione di accorpamento durata più di un decennio, oggi la maggior parte delle vigne è gestita dall’Azienda Vinicola Cantina Sant’Andrea a Borgo Vodice

A occuparsi direttamente della vigna e della vendemmia, che viene eseguita in modo interamente manuale, c’è il padre Gabriele. La famiglia fa vino nell’Agro Pontino dagli anni ’60, ma la storia nel mondo enologico è molto più antica. “Per noi ogni territorio è adatto a un certo vitigno. In questa zona troviamo uno dei vitigni più caratteristici, il Moscato di Terracina, e la vigna si coltiva come si faceva 100 anni fa. Pompe a spalla e motozappe a terra. Le uve si portano giù con le cassette e le carriole, l’acqua deve essere portata tramite cisterne”. Una squadra di potatrici cura le vigne durante l’anno, mentre la comunità indiana del posto è coinvolta nella vendemmia che dura 4-5 giorni.
Le viti si allungano tra filari dritti e di facile accesso, ma si appoggiano anche direttamente alle rocce, crescendo in simbiosi con il loro supporto naturale. “L’esigenza di chi coltivava qui era quella di sfruttare tutti gli spazi possibili. Lasciavano che le viti crescessero abbarbicandosi sulle rocce. Questo perché l’uva matura prima sulla roccia, poiché prende il sole tutto il giorno e il calore dal suo supporto che lo restituisce durante la notte. I contadini della zona facevano crescere i grappoli appoggiati sui sassi, ottenendo anche un’uva più zuccherina. Noi oggi usiamo questa tipologia di viti, ovvero con le uve sulle rocce, per fare il Passito. L’uva viene lasciata sopra le rocce, appassita al sole e successivamente raccolta”.

Da questi terreni si producono tre etichette arrivate a compimento nel corso degli anni. Le prime vendemmie hanno prodotto infatti bottiglie con uvaggi di piante diverse. Solamente nel 2012 viene presentata sul mercato una bottiglia dedicata interamente a Campo Soriano: si chiama Hum, come le tipiche formazioni calcaree rappresentate anche in etichetta. È un 100% Moscato di Terracina di cui vengono fatte tra le 4000 e le 5000 bottiglie all’anno. Dalle uve di Aleatico arriva invece il Riflessi Rosato Spumante Extra Dry, infine il passito si chiama Capitolium e arriva dalle uve di Moscato appassite al sole sulle rocce. Altre uve finiscono nell’Oppidum e nel Cesanese, in blend con altre vinificazioni.
Di Carlotta Bernardini

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